25 luglio –  XXI Tempo ordinario (Anno B) - Commento al Vangelo domenicale a cura di Don Stefano Ecobi

Siamo ancora in quel dialogo tra Gesù e i Giudei, cominciato con il desiderio del Signore di reindirizzare la loro ricerca verso un cibo che desse la vita eterna. Ma ecco che si giunge al punto di rottura. Vediamo, infatti, che anche per il Figlio di Dio non è facile far compiere agli uomini questo salto di qualità.

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Ha detto loro apertamente di essere il pane disceso dal cielo, del quale nutrirsi per avere la vita, perché è il Padre della vita la sua vera origine. Ed essi, invece di incuriosirsi, si scandalizzano, tornano a mormorare e tengono il cuore chiuso. Si genera così una spaccatura: molti se ne vanno, smettono di seguirlo. E questi «molti» non sono genericamente Giudei, gente della folla, ma l’Evangelista precisa: «molti dei suoi discepoli». Persone, cioè, che fino a quel momento gli erano state fedeli.

Una scrematura, possiamo dire. Necessaria, forse, ma non per questo meno dolorosa. Gesù comincia già qui, a neanche un terzo del Vangelo di Giovanni (siamo infatti al capitolo 6 di 21), a sperimentare quell’abbandono che alla fine, sul Golgota, sarà totale. Ma adesso almeno una soddisfazione la raccoglie: i Dodici gli rimangono fedeli. Pietro, che anche altre volte parla a nome di tutto il gruppo, gli risponde molto bene: «Signore, da chi andremo? Tu solo hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio». Non c’è nessun altro che può darci la vita, perché solo tu vieni da Dio. Certo, tra quei Dodici c’è anche Giuda, che poi lo tradirà. Ma per ora possiamo immaginare che le parole di Pietro e la vicinanza dei fedelissimi sia stata di conforto a Gesù in uno dei momenti più critici della sua missione.

Non ci viene detto che i Dodici abbiano compreso tutto il discorso del pane disceso dal cielo, che non abbiano avuto difficoltà a tenere insieme l’uomo Gesù che avevano davanti agli occhi e l’identità divina che costui pretendeva di avere. Quello che ci viene detto, però, è che, pur sperimentando probabilmente la stessa fatica dei «molti», i Dodici decidono di non correre altrove, in cerca di altri appigli apparentemente più sicuri, ma si aggrappano a lui. Così anche noi, quando altre parvenze di certezze sembrano più semplici da abbracciare, facendoci accarezzare l’idea di volgerci altrove, possiamo e dobbiamo rivolgerci al Signore dicendogli: ma dove vuoi che andiamo? Chi altro può darci la vita vera? Quale altro appiglio può essere più sicuro? E domandargli di non permettere mai che ci allontaniamo da lui. Perché, come ci ricordano i Salmi: «Il Signore è vicino a chi ha il cuore spezzato, / egli salva gli spiriti affranti» (34,19). E: «Dio è per noi rifugio e fortezza, / aiuto infallibile si è mostrato nelle angosce» (46,2).