30 aprile 2023 - IV° Domenica di Pasqua (Anno A)Commento al Vangelo domenicale a cura di Don Stefano Ecobi

 Sieger Koder il buon pastoreSieger Köder: il buon pastore

 La quarta domenica del Tempo di Pasqua è chiamata “domenica del Buon Pastore”, perché ogni anno è caratterizzata da un brano tratto dal capitolo 10 del Vangelo di Giovanni, capitolo nel quale troviamo appunto la similitudine del pastore e delle pecore. Ma se nel prosieguo del discorso (che ascolteremo nella IV domenica di Pasqua 2024 e 2025) Gesù applica direttamente a se stesso l’immagine del pastore (vedi Gv 10,11-18 e 10,27-30), quest’anno ci viene proposto l’incipit del capitolo, in cui il Signore si attribuisce la similitudine della “porta”. Dalla porta dell’ovile escono le pecore per andare al pascolo, e dalla porta rientrano per trascorrere la notte in un luogo sicuro. Ma dalla porta passa anche il pastore, mentre il ladro cerca accessi che non diano nell’occhio per agire di nascosto.

La similitudine della “porta” ci consente di identificarci sia con le pecore che con i pastori. Gesù, infatti, presentandosi come «la porta» attraverso la quale le pecore entrano per trovare salvezza («perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza»), ci invita ad essere noi quelle pecore, ad accostarlo e a vivere sempre in intima connessione con lui, perché solo in lui riceviamo la vita, e in abbondanza. Ma sottolineando che soltanto chi «entra dalla porta, è pastore delle pecore», Gesù ci mette in guardia: se ci avviciniamo agli altri senza passare attraverso di lui, dimentichiamo la vita e la salvezza che solo lui può dare e rischiamo di diventare ladri e briganti, che invece di prendersi cura degli altri, si servono di loro per pascere se stessi.

Soltanto se Gesù è l’aria che respiriamo, il cibo di cui ci nutriamo, la voce a cui prestiamo ascolto al di sopra di tutte le altre, allora la nostra intimità con lui potrà crescere al punto che la sua Vita ci contagerà in abbondanza. E sarà lui anche la nostra Via verso i fratelli: sarà la persona di Gesù, con la sua amorevole cura, a definire i criteri secondo i quali pensiamo, prendiamo decisioni e ci accostiamo agli altri. Non possiamo, però, pretendere che questo avvenga magicamente: occorre da parte nostra l’impegno di una quotidiana frequentazione di Gesù, nella preghiera, nel suo Vangelo e — almeno la domenica — nell’Eucaristia. Ci sarà anche da lottare, il più delle volte contro noi stessi e i nostri piccoli o grandi egoismi. Ma saremo anche assistiti dallo Spirito Santo che Gesù ha assicurato a quanti credono in lui. Allora, rivestiti di Cristo nei pensieri e nei sentimenti, potremo esserlo anche nelle parole e nelle opere, per portare nel mondo non un generico amore (talmente inflazionato che finisce per essere identificato con qualsiasi cosa, magari anche con il suo contrario), ma quel preciso amore che è la carità divina che in Gesù si è rivelata e che chiede di essere il nostro criterio di vita.