James Joseph Jacques Tissot, "I farisei interrogano Gesù", Museo di Brooklyn
29 ottobre 2023 XXX - Tempo ordinario (Anno A) - Commento al Vangelo domenicale a cura di Don Stefano Ecobi
Il «grande comandamento», come lo chiama Gesù, non è una sua invenzione. Rispondendo alla domanda (nuovamente insidiosa e per metterlo alla prova), Cristo risponde citando due passi della Legge antica. Il primo è nel libro del Deuteronomio (con una variazione): «Tu amerai il Signore, tuo Dio, con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze» (Dt 6,5), cioè con tutto te stesso; il secondo è tratto dal Levitico: «amerai il tuo prossimo come te stesso» (Lv 19,18). Pertanto, niente di nuovo, si potrebbe dire. Cosa fa dunque Gesù? Perché si muove in questo modo?
A quanti lo accusavano di eresia e di bestemmia — perché, in fondo, erano queste le accuse di fronte al suo dichiararsi Figlio di Dio — egli risponde citando la Scrittura. L’aveva appena fatto con i sadducei, come ricorda l’apertura del brano di Vangelo di questa domenica (cf. Mt 22,23-33). Lo fa di nuovo con i farisei. Insomma, ogni fazione che, per un motivo o per un altro, poteva avercela con Gesù, riceve in risposta quella Scrittura in cui essi stessi credevano, quella Parola sempre valida con cui Dio aveva parlato ai padri. Potremmo riconoscere una buona dose di furbizia nella strategia del Signore, ma ciò che egli fa è molto di più che muoversi con scaltrezza: con poche parole, ma decisive, egli dimostra che tra il Dio dell’Antico Testamento e lui c’è continuità. Quel Dio che si era rivelato ad Abramo, Isacco e Giacobbe, entrando in relazione con essi, ora si è fatto ancora più vicino nella persona di Gesù. Il Dio che aveva donato la Legge a Mosè, trasformando un gruppo numeroso di fuggitivi nel deserto in un popolo scelto e amato, ora torna a ribadire che, senza quella identità di popolo amato e in cui l’amore è in circolo («Amerai il Signore tuo Dio […] Amerai il tuo prossimo»), non si può accogliere la salvezza che il Figlio è venuto a portarci. D’altronde, ci ricorda l’Apostolo Giovanni: «Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore» (1Gv 4,8).
Accogliamo, perciò, ancora una volta il duplice comandamento dell’amore, e facciamone sempre più la regola fondamentale della nostra vita quotidiana: amare Dio con tutto noi stessi (cuore, anima mente e forza, quindi decisioni, sentimenti, pensieri e ogni nostra capacità), perché niente di noi sia escluso dalla relazione con lui, e dunque dalla trasformazione che il suo amore ci regala; e amare il prossimo come noi stessi, mettendo a dieta l’ego che vorrebbe attenzioni solo per sé. E torniamo, sempre e di nuovo, ad attingere alla fonte inesauribile e vivificante che è la Parola di Dio, in cui il Signore non solo ha parlato, ma parla tuttora, e parla proprio a noi. Proprio a te.