5 febbraio 2023 - V Tempo Ordinario (Anno A)- Commento al Vangelo domenicale a cura di Don Stefano Ecobi
Il giardiniere Samvise si trova da solo a fronteggiare il mostro. Il suo padron Frodo è ferito e privo di sensi. L’oscurità li circonda. Sam si aggrappa con tutto se stesso all’unica arma efficace: la Fiala donata da Galadriel, contenente la luce di Earendil: «Irradiava il bagliore di una stella fuggita dal firmamento che fende l’oscurità con indomabile fulgore». Così J.R.R. Tolkien ci racconta la vittoria della luce sulle tenebre, a conclusione del secondo libro de Il Signore degli Anelli. La forte simbolicità dell’opera del fervente cattolico Tolkien ci autorizza a riconoscere in quella luce un riflesso del divino, che anche nei momenti più oscuri dissipa le ombre e permette di proseguire il cammino.
Shelob e Samvise Gamgee, ritratto di Ted Nasmith , J. R. R. Tolkien, The Two Towers
Chi non vorrebbe avere a portata di mano luce tanto potente, un «indomabile fulgore» per i giorni più oscuri? Gesù, nel Vangelo di questa domenica, ci raccomanda: «risplenda la vostra luce davanti agli uomini». E se noi, questa luce, l’avessimo già a disposizione? Il profeta Isaia, nella prima lettura, ci mette la pulce nell’orecchio: «Se toglierai di mezzo a te l’oppressione, il puntare il dito e il parlare empio, se aprirai il tuo cuore all’affamato, se sazierai l’afflitto di cuore, allora brillerà fra le tenebre la tua luce» (Isaia 58,9-10).
29 gennaio 2023 - IV Tempo Ordinario (Anno A)- Commento al Vangelo domenicale a cura di Don Stefano Ecobi
Tissot James Jacques, Il sermone delle Beatitudini, (1886-96), dalla serie La vita di Cristo, Brooklyn MuseumLo vediamo bene nel Vangelo delle Beatitudini, la Magna Charta della carità che si consuma per l’altro. Esse dichiarano «beati», cioè felici, una serie di persone a cui manca qualcosa. Ma non dobbiamo cadere nella soluzione facile di pensare che questi siano semplicemente i vessati dalla vita, gli sfortunati, che quindi possono sperare in un riscatto dopo la morte. Si tratterebbe di una scorciatoia che non ci scomoda, e che, anzi, rischierebbe di giustificare i nostri egoismi. No, i «beati» sono coloro che scelgono queste perdite in favore degli altri, gratuitamente, “a perdere”, appunto. Perché se accetti di spenderti per l’altro, di non agire con superbia o prepotenza, di mettere l’altro al primo posto, soprattutto chi è ultimo e non ha di che ricambiare, allora ti riconosci povero in spirito, cioè piccolo, umile, fragile.