22 gennaio 2023 - III Tempo Ordinario (Anno A)- Commento al Vangelo domenicale a cura di Don Stefano Ecobi
La Vocazione di Pietro e Andrea, Duccio di Buoninsegna, (1308-1311 c.ca), National Gallery of Art di Washington.
Nel buio, anche un ambiente familiare può diventare inospitale e la voce delle nostre paure trova improvvisamente maggior vigore, intimando al cuore di tremare per mostri che, è risaputo, non esistono, ma non si sa mai. E allora canticchi o parli a voce alta, perché anche il silenzio si fa insopportabile. Ma se c’è una luce, be’, è tutta un’altra cosa.
Chi è Gesù? A questa domanda, che domenica scorsa Giovanni Battista ci lasciava in eredità, il Vangelo odierno risponde — è proprio il caso di dirlo — accendendo la luce. L’Evangelista Matteo, con tono quasi solenne, annuncia lo spostamento di Gesù in Galilea e spende qualche riga per riportare una profezia di Isaia (facendo eco alla prima lettura): «Il popolo che abitava nelle tenebre vide una grande luce, per quelli che abitavano in regione e ombra di morte una luce è sorta» (cf. Is 9,1). È Gesù la Luce attesa e arrivata a scacciare le tenebre e l’ombra mortifera in cui l’umanità era sprofondata. Ed ecco che, come a specificare il modo in cui Cristo illumina, l’Evangelista aggiunge il primo step del ministero di Gesù, ossia la predicazione e l’invito pressante: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino». Due elementi: il comando ed il suo perché. Ma ad avere maggior peso è indubbiamente il secondo: è la vicinanza del regno a motivare l’urgenza e la necessità della conversione. Quello di Gesù è l’annuncio di un dato di fatto, una realtà — il regno vicino — che, come una luce accesa nell’oscurità, dà speranza e rende possibile il cammino, aprendo prospettive nuove.
A conferma di ciò, Matteo aggiunge un ulteriore anello alla catena: la chiamata dei primi quattro discepoli, i pescatori di Galilea. La loro rapida e silenziosa risposta («subito lasciarono le reti», «subito lasciarono la barca e il loro padre e lo seguirono») ci racconta in modo evidente l’effetto della vicinanza del regno: nessuna esitazione, nessuna paura da smorzare con parole superflue, ma prontezza di riflessi e decisione nell’intraprendere una via nuova, inaspettata e al contempo attesa dal cuore.
«O dolce lume a cui fidanza i’ entro / per lo novo cammin, tu ne conduci»: così prega Virgilio quando anche lui, che è la guida di Dante nell’aldilà, scopre di non essere sicuro sulla direzione da prendere (Purg. XIII, 16-17). Guardando a Gesù, «grande luce» sorta nelle tenebre, rinnoviamo l’affidamento (la fidanza dantesca) a lui, dolce Luce divina, perché, mentre apre prospettive nuove, ci conduca e ci ispiri il sereno coraggio per una pronta risposta.