14 Febbraio 2021 – VI Domenica del T.O.: - Commento al Vangelo domenicale a cura di Don Flaminio Fonte.
Raffaello Sanzio, La guarigione del lebbroso, Roma, Cappella Sistina
“Il male fa male”, sembra un’ovvietà, una frase fatta, ma non lo è. In realtà il danno che il male arreca all’uomo consiste in una chiusura, come un graduale restringimento di orizzonti, desideri, relazioni e capacità. Non a caso la pena cui il lebbroso è condannato, proprio per scongiurare il contagio di terzi, è l’esclusione dalla comunità: «se ne starà solo, abiterà fuori dell’accampamento» (Lv 13, 46) sentenzia la legge mosaica.
I Vangeli mettono in scena un vero e proprio campionario di malati: zoppi, ciechi, sordi, muti e indemoniati, vale a dire uomini e donne i cui sensi e le cui azioni sono come bloccate, impedite proprio dal male. Gesù sentendo «compassione» (splagchnistheis) per questa nostra condizione, sceglie, di patire insieme a noi e per noi fino alla morte e a una morte di croce. Non si tratta, perciò di una condivisione fine a sé stessa, il suo non è un viaggio turistico nella sofferenza degli uomini e neppure una semplice buonismo. Egli compatisce, patisce con l’uomo e sceglie di sacrificarsi per liberarlo dalla schiavitù cui il male lo rinchiude. L’orante del Salmo 32 prega, colmo di gratitudine, «Tu sei il mio rifugio, mi liberi dall’angoscia, mi circondi di canti di liberazione» (Ps 32, 7). La guarigione che Gesù dona all’uomo è proprio la liberazione dalle angustie della vita e delle strettoie del cuore. Allora il lebbroso, purificato da Gesù, è inviato al sacerdote, affinché, come prescrive la legge, questi, constata la guarigione, lo possa riammettere nella comunità. L’adesione dell’uomo al male lungi dall’essere una radiosa espressione di libertà individuale desiderata e alfine conquistata, è invece autentica prigionia, regressione ed imbarbarimento. Solo l’laddove il peccato è chiamato con il suo nome senza inutili giri di parole ed è rigettato con fermezza, l’uomo è veramente in grado di fiorire e mettere a frutto gli straordinari di grazia che gli vengono elargiti dalla bontà divina. La costituzione conciliare Gaudium et Spes afferma tale consolante verità: «Cristo dà sempre all’uomo, mediante il suo Spirito, luce e forza per rispondere alla sua altissima vocazione» poiché Cristo è «la chiave, il centro e il fine di tutta la storia umana» (GS 10).
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