20 Dicembre 2020 – IV Domenica di Avvento (Anno B): - Commento al Vangelo domenicale a cura di Don Flaminio Fonte.
Leonardo da Vinci (1472-1475 circa) - olio e tempera su tavola - Galleria degli Uffizi, Firenze
Una volta conquistata Gerusalemme roccaforte dei Gebusei (cfr. 2Sam 5,6-8) ed essersi fatto costruire una grande casa in legno di cedro (cfr. 2Sam 5,9-16), il re Davide decide di innalzare un tempio di pietra al Signore Dio. Comunicato al profeta Natan, suo consigliere, il progetto costui reca il famoso oracolo. Dio promette a Davide una casa, in ebraico bayt termine che significa casa, ma anche casato, stirpe e discendenza.
Il favore – ḥesed – di Dio assicura al re la perpetuità alla sua discendenza: «la tua casa e il tuo regno saranno resi saldi per sempre davanti a me» (2Sam 7, 16). Il rapporto tra Dio e la casa di Davide è addirittura formulato in termini filiali: «Io gli sarò padre ed egli mi sarà figlio» (2Sam 7,14), cui, idealmente, fa eco il Salmo 2 «Tu sei mio figlio, io oggi ti ho generato» (Ps 2, 7). È questo il misterioso annuncio di una regalità diversa, nuova e al tempo stesso antica: il regno di Dio. In Israele il ministero del re è tutto incentrato sul bene del popolo; egli deve combattere i prepotenti, dare il cibo agli affamati e amministrare la giustizia. Tale triplice ministero è destinato nella prospettiva profetica a garantire per sempre la salvezza del popolo. Eppure, con la deportazione a Babilonia la casa di Davide si estingue e il regno d’Israele cessa di esistere; tutto sembra naufragare miseramente come lamenta il Salmo 89. Passano 28 generazioni e mille anni, ma Dio non ha dimenticato la sua promessa, perché «davanti al Signore un giorno è come mille anni e mille anni come un solo giorno. Il Signore non ritarda nell’adempiere la sua promessa» (2Pt 3, 8-9). Egli prepara la storia affinché il suo progetto d’amore si possa compiere. Così «quando venne la pienezza del tempo» (Gal 4, 4), a Nazareth, l’antica profezia davidica si realizza oltre ogni previsione. Al «figlio» chiamato Gesù, come annuncia l’angelo Gabriele alla vergine Maria, «il Signore Dio darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine». Ecco giunto l’erede tanto atteso del re Davide, nato dalla sua stirpe, e del suo glorioso regno mentre la Palestina è da tempo sotto il dominio degli stranieri. Eppure, questo re è più grande di Davide, infatti «verrà chiamato figlio dell’Altissimo» e il suo regno è destinato a non finire mai. Nel IV secolo, questa espressione è stata assunta dal Credo niceno-costantinopolitano nel momento in cui il regno di Gesù abbraccia l’intero bacino del Mediterraneo. Adesso noi cristiani sappiamo e professiamo che Dio ha mantenuto la sua promessa. Infatti, il regno di Gesù, il Figlio di Davide, si espande «da mare a mare» e da un secolo all’altro. Così Gesù, alla maniera dei re d’Israele, vince definitivamente il peccato e la morte, nutre con il suo corpo e il suo sangue e giudica ogni uomo posando su di esso il suo guardo carico d’amore.
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